Ai due lati di corso Umberto I, sul confine inferiore della bella Villa comunale, e nella Piazza di Santa Reparata dove la vista spazia su una parte del territorio orientale di Casoli, sul fiume Aventino, sul fiume Sangro, sugli insediamenti industriali, sorgono i simboli per non dimenticare le grandi tragedie della comunità casolana nel corso del ’900.
a) Monumento ai militari caduti e dispersi in guerra. I soldati casolani morti per l’Italia sono stati 227, fra i quali due patrioti che combatterono contro i nazisti nella Seconda guerra mondiale. Inaugurato il 25 giugno 1955, fu realizzato su bozzetto dello scultore Oscar Lamura Bernabeo.
b) Monumento alle vittime civili di guerra. Duran-te la battaglia fra i tedeschi e gli alleati sul fronte della Linea Gustav, nel nostro paese morirono 53 civili casolani, di cui 16 ragazzi e ragazze di età fra gli 11 e i 18 anni, 4 bambini e bambine e una piccola di un anno. Martiri innocenti della Seconda guerra mondiale a causa di azioni militari: bombardamenti aerei e terrestri dei due eserciti, scoppio della polveriera tedesca, esplosioni degli ordigni bellici abbandonati e delle mine antiuomo. L’opera, realizzata in marmo resina, è un bassorilievo, con quattro figure umane, un ange-lo, il simbolo papale ed una colomba. Inaugura-to il 7 giugno 1997, il monumento, posto alla sinistra di quello dei militari caduti in guerra, è opera dell’artista Vittorio Benedetto Piccorossi di Ortona.
c) Monumento all’emigrante. È stato inaugurato l’8 giugno 2005. Ideato dallo scultore Vito Bucciarelli, sorge sull’altro lato della strada rispetto ai primi due. È dedicato al triste fenomeno della migrazione da Casoli a cavallo dell’Ottocento e del Novecento e negli anni del secondo dopo-guerra. È costituito dall’emiciclo in marmo della vasca per raccogliere l’acqua che sgorga dai capitelli in marmo, provenienti dai diversi continenti della Terra, posti su cinque colonne. Sui capitelli si notano cinque piccole sculture di figure simboliche. Il tutto su una base marmorea con la Rosa dei venti in granito dove è poggiata una valigia, divenuta il triste emblema dell’emigrazione.
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